Prigionieri della tecnologia

Durante tutti questi anni ho sempre pensato che la tecnologia avrebbe potuto cambiare in meglio il mondo, ma come nella maggior parte dei casi, tutto dipende sempre dall’uso che se ne fa e dallo spazio che gli si concede. Come tutti i grandi cambiamenti anche la tecnologia porta con se dei pro e dei contro che condizionano le società e che solo tra qualche anno, forse, potremmo valutarne in toto gli effetti e renderci conto delle conseguenze che ci ha lasciato.

Aldous Huxley scrittore, pacifista e umanista nel 1958 pubblicava il saggio dal titolo “Brave new world” (Il mondo nuovo), nel quale descriveva le derive delle società totalitarie citando temi come l’ingegneria sociale, il controllo, la propaganda attraverso la tecnologia, la politica ridotta a liturgia pubblicitaria, l'abolizione delle differenze in nome dell'omologazione della massa. Huxley la chiamava “dittatura dolce”, una manipolazione di massa invisibile e capillare. In una lettera datata 21 ottobre 1949 Huxley ringraziava il suo allievo George Orwell (Huxley era stato il suo insegnante di lingua francese), per il libro che gli aveva spedito dal titolo “1984”, e scriveva: “Entro la prossima generazione chi tiene le redini del mondo scoprirà che il condizionamento infantile e l'ipnosi indotta dalle droghe sono strumenti di dominio ben più efficaci di armi e prigioni e che la sete di potere può essere soddisfatta nella sua pienezza inducendo le persone ad amare il loro stato di schiavitù, invece di fustigarle e ridurle all’obbedienza. In altre parole sento che l’incubo di 1984 sarà destinato a evolvere nell’incubo di un mondo che somiglia a quello che ho immaginato ne "Il mondo nuovo". Il cambiamento sarà portato avanti come il risultato di un bisogno di maggiore efficienza”. Secondo la lezione di Huxley oggi si preferisce usare la manipolazione dolce per far credere ai cittadini che siano liberi quando invece tutte le decisioni vengono orientate dall’alto. Qual è il livello di sorveglianza che la nostra libertà può sopportare? In Costa Azzurra, sono state installate 2600 videocamere di sorveglianza (una ogni 128 abitanti), e proprio a Nizza per la prima volta è stato sperimentato un nuovo metodo per entrare nei luoghi pubblici che consiste nel riconoscimento facciale. Grazie al potente software di face tracking in pochi secondi questo programma è in grado di dare un nome ai volti sottoposti a scansione dalle telecamere e di risalire a un possibile ricercato semplicemente dal volto di una foto memorizzata all’interno del sistema, magari presa da un passaporto o da una carta di identità. Il software sperimentato a Nizza nel 2019 è stato prodotto da Anyvision (www.anyvision.co/) una società con sede a Tel-Aviv. Fondata nel 2015 questa startup è oggi considerata uno dei leader mondiali che operano in questo settore. Il software secondo quanto dichiarato da Eylon Etshtein (CEO di Anyvision), sarebbe in grado di riconoscere chiunque in qualunque condizione con un’affidabilità stimata del 99,9%. Durante un’intervista alla tv francese ARTE, dichiara che il software prodotto è usato ovunque in Israele, ospedali, scuole, banche e questo modello dovrebbe essere esteso ovunque sul pianeta in nome di una maggiore sicurezza. Uno dei primi provvedimenti dopo l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca fu proprio quello di adottare questo modello di video sorveglianza per “proteggere i cittadini in modo totale”, installando proprio come in Israele le telecamere in ospedali, scuole, condomini e aeroporti, in città pilota. A Detroit nel 2018 è stato installato un sistema di video sorveglianza da un milione di dollari (Data Work Plus + software FACE Watch Plus), in grado di controllare in tempo reale ciò che avviene all’interno di aziende, condomini, facendo confluire tutte le immagini all’interno del commissariato di polizia locale. Durante due udienze al congresso americano (in merito all’inchiesta aperta sul face tracking), due giuriste Clare Garvie e Neema Giuliani (https://www.americaunderwatch.com/), espressero tutte le loro perplessità in merito. La giurista C. Garvie nel 2016 a seguito di un’indagine chiese l’accesso a documenti pubblici in più di 100 giurisdizioni americane, chiedendo quali e quanti dati fossero memorizzati all’interno degli archivi. Ne risulterà che oltre il 50% del popolo americano risultava schedato (a sua insaputa in modo totalmente illegale), tramite la tecnica del riconoscimento facciale, grazie alla scansione della foto tessera presente sulla carta di identità o della patente. Si scopre così che nessun ente governativo era conoscenza e tanto meno aveva mai autorizzato la raccolta di questi dati sensibili negli USA. Laurent Mucchielli sociologo e direttore della ricerca del CNRS francese, si dichiara al quanto scettico in merito al mercato dell’intelligenza visiva artificiale, che definisce come il “mercato della paura”. L’accettazione di questo grande fratello, l’idea di essere continuamente video sorvegliati in nome della sicurezza, perché qualcuno, in qualunque momento potrebbe commettere un reato. Ecco come potrebbero condizionarci (prosegue), creando una visione del mondo distorta e facendoci vivere nella paura. In un articolo su liberation ha dichiarato che dietro la video sorveglianza ci sarebbero in realtà interessi politici e commerciali. Secondo una stima fatta dal prof. Mucchielli attualmente in Francia ci sarebbero almeno 150.000 telecamere stradali e oltre 1,5 milioni di telecamere che riprenderebbero i luoghi "aperti al pubblico", installate anche su autobus (ma in fase di sperimentazione), sarebbero in grado di comprendere anche le emozioni dei passeggeri. Proviamo a pensare per un attimo a come queste telecamere installate nelle strade, nei centri commerciali o nelle piazze potrebbero cambiare la nostra vita. Ti sentiresti ancora libero di manifestare per i tuoi diritti (per esempio), sapendo di essere ripreso in un certo tipo di contesto, magari una manifestazione pacifica, o ti sentiresti limitato, a disagio? Non potrebbe essere già questa una forma di autocensura?

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